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Il ruolo del GDPR nel Web 3.0

Hotwire

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Secondo una recente ricerca condotta negli Stati Uniti la raccolta di dati personali da parte delle aziende desta crescenti preoccupazioni in circa l’81% degli utenti americani. Con la progressiva digitalizzazione della vita in ogni suo aspetto, non sorprende che i consumatori nutrano apprensione sulle modalità di conservazione e utilizzo dei propri dati. Con l’atteso sviluppo del Web 3.0 e le sue implicazioni, cosa ci si deve aspettare nei prossimi mesi in merito a privacy e protezione dati dei consumatori?  

Lo abbiamo chiesto a Kevin Dulaney, il nostro Head of Technology and Innovation, per conoscere la sua opinione sul modo in cui la tutela della privacy potrebbe cambiare con il Web 3.0, sul ruolo del GDPR e sui potenziali cambiamenti alle modalità gestione dei dati dei consumatori da parte dei giganti del Tech. 

Che ruolo ricopre il GDPR per il successo del Web 3.0?  

Kevin: Il GDPR ha favorito l’emergere di nuove normative sulla privacy dei dati in tutto il mondo, che si tratti del GDPR europeo, del GDPR UK, del CCPA, dell’Australian Privacy Act o della LGPD brasiliana. Credo che l’impatto più significativo risieda nella sensibilizzazione degli utenti finali, sempre più consapevoli che i propri dati possono essere utilizzati ormai per qualsiasi cosa, non solo ai fini di marketing ma anche per attività potenzialmente dannose.   

Le nuove tecnologie stanno indubbiamente generando un’ondata incontenibile di entusiasmo. In tutto il mondo si utilizzano ChatGPT e altri strumenti, ma spesso gli utenti non si rendono conto di condividere informazioni personali senza che nessuno ne sia formalmente responsabile. A molti di questi strumenti, infatti, manca una politica formale di tutela della privacy, quindi gli utenti devono semplicemente fidarsi del fatto che lo sviluppatore gestisca i loro dati in modo etico. Quando li si condivide con un’azienda più grande, se non altro, questa deve attenersi a determinate linee guida etiche e normative per proteggere le informazioni degli utenti.  

Se da un lato è innegabile che le nuove tecnologie siano affascinanti e ricche di potenzialità, dall’altro è necessario esercitare la massima attenzione nel farne uso.

Quali sono le maggiori sfide che affronteremo nel prossimo anno in ambito di privacy online?  

Kevin: Le persone vogliono essere connesse e amano il senso di community che ne deriva. È ormai considerato un piacere condividere tutto della propria vita: dalle vacanze in famiglia, alle foto dei bambini, fino a quello che si mangia a colazione. Questo atteggiamento ci spinge a condividere con leggerezza i nostri dati su piattaforme spesso piene di persone mal intenzionate in cerca di modi in cui sfruttarli.    

Inoltre, con l’avvento dell’AI generativa, i riflettori sono ulteriormente puntati sulle difficoltà di implementazione di modalità di accesso senza password e con autenticazione biometrica. Nel complesso, per i professionisti della sicurezza informatica e della tutela della privacy la sfida consiste nell’affrettarsi a proteggere gli utenti individuali che appaiono essere una minaccia verso se stessi.   

Come si adatteranno i giganti del Tech al Web 3.0, ora che privacy e data ownership tornano nelle mani dei consumatori?  

Kevin: Credo che le grandi aziende Tech si appoggeranno sempre di più al Web 3.0. Sono già cambiate profondamente in modo da essere più incentrate sul Web 3.0 gran parte di loro stanno assumendo sempre più sviluppatori Web 3.0: ma rimane ancora un gap da colmare. Si dice che ci vogliano anni per costruire la propria reputazione ma che basti un attimo per distruggerla: ecco, credo che queste aziende debbano davvero concentrarsi sul riconquistare la fiducia dei consumatori.

Cosa possono fare i brand per guadagnare la fiducia dei consumatori nell’era del Web 3.0?   

Kevin: Essendo più trasparenti su come utilizzano i dati degli utenti e consentendo a questi ultimi di trovare i meccanismi per controllare tale utilizzo.  I consumatori non si fidano molto delle grandi aziende Tech e del modo in cui queste impiegano e gestiscono i loro dati. Si tratta quindi di condividere con chiarezza le modalità di raccolta dei dati degli utenti individuali e le misure di protezione che saranno adottate per tutelarli. 

Ritieni che il Web 3.0 rappresenti una minaccia per le attivazioni paid più emergenti come l’influencer marketing, dove le entità sono in grado di stabilire le proprie community ed estrarre i propri dati? O vedi un’evoluzione in questo?  

Kevin: Credo che si sarà un’evoluzione. Solo in questo momento mi vengono in mente cinque o sei musicisti che hanno creato un metaverso per se stessi, uno spazio in cui i loro fan possono entrare in contatto con il creatore preferito in tempo reale. Penso che gli influencer andranno a giocare un ruolo di crescente rilievo, perché ora che si hanno i dati non si condurranno più campagne univoche indiscriminatamente verso enormi quantitativi di persone. Il passaparola, l’interazione umana, l’opinione di altre persone su un prodotto o un servizio andranno molto oltre il semplice click.  

Pensi che ci sarà un calo in termini di dati raccolti prima del passaggio al Web 3.0, perché gli utenti avranno più controllo?  

Kevin: Sì. I dati di prime e terze parti che abbiamo attualmente hanno un’accuratezza dell’80-90%. Credo che continueremo a farne uso. Potrebbe esserci un piccolo divario nel livello di engagement per quanto riguarda marketing e prodotti & servizi, ma non credo che questo avrà un impatto immediato né arrecherà danni particolari.