Content is king è una frase che sentiamo ormai da diversi anni: ma come creare contenuti davvero interessanti per i propri target di riferimento? In questo post riportiamo i consigli di Matt Oakley, Global Head of Data & Analytics di Hotwire.
Secondo un report di Demand Gen, sebbene il 32% delle persone dichiari di essere sopraffatto dalla quantità di contenuti disponibili online, la maggioranza (44%) afferma di guardare in genere da tre a cinque contenuti prima di interagire con un marchio. Per questo, è necessario che i brand trovino il proprio punto di forza, capendo cosa susciti maggiormente l’interesse degli utenti.
È qui che entrano in gioco gli intent data, o dati comportamentali.
Cosa sono gli intent data?
Gli intent data sono informazioni utili per comprendere gli obiettivi, i bisogni e gli interessi delle aziende, raccolti dal profilo digitale di un individuo e dalle sue interazioni con siti web, app o altri contenuti digitali.
Tramite questi dati, le aziende possono comprendere il contesto che si cela dietro le azioni di un consumatore, le sue esigenze, le sue preferenze e i suoi processi decisionali. Queste informazioni permettono di adattare le proprie attività di marketing e di vendita per soddisfare meglio i bisogni del consumatore e favorirne la conversione.
Gli intent data costituiscono la chiave di volta tra il successo e il fallimento di una strategia di marketing e comunicazione. Infatti, secondo uno studio di Intentsify, il 70% dei professionisti del marketing in ambito B2B che utilizza questi dati, giudica la propria strategia di marketing digitale di grande successo, rispetto ad appena il 33% di coloro che non li prendono in considerazione.
Gli intent data nel settore B2B
Le aziende B2B hanno più probabilità di trarre vantaggio da questo tipo di informazioni, in quanto nel mondo B2C, la decisione d’acquisto del consumatore è talvolta impulsiva, spesso guidata tanto dal cuore quanto dalla mente. D’altra pare, i buyer del mondo B2B tendono a dedicare più tempo alla ricerca, e il ciclo di vendita è più lungo. In genere poi, questi acquisti sono più numerosi e il prodotto ha la capacità di influenzare un’intera azienda.
Sulla base di quanto riportato finora, le opportunità di influenzare le decisioni di acquisto sono teoricamente maggiori nel settore B2B, ed è possibile raccogliere molti dati di base e di terze parti a seconda dei diversi touchpoint digitali con i quali gli utenti interagiscono nel loro percorso di ricerca di una soluzione che soddisfi tutte le loro esigenze.
Tuttavia, l’uso degli intent data deve ancora maturare nel graduale ma lento processo di transizione delle aziende B2B alle tattiche di marketing digitale, mentre questa pratica è già stata implementata da tempo nel settore B2C con lo scopo di migliorare il retargeting dei potenziali clienti.
Come vengono raccolti gli intent data?
Un altro report di Demand Gen sulle strategie basate sugli intent data, evidenzia che il 62% delle aziende B2B sta cercando di incorporare questi dati. Sebbene vi sia un’ampia consapevolezza del fatto che possano fornire un vantaggio competitivo, la conoscenza su come raccoglierli e applicarli è ancora in fase di sviluppo.
Gli intent data vengono in genere raccolti attraverso una combinazione di modalità principalmente online, tra cui:
- Tracciamento web: utilizzo di cookie, JavaScript e altre tecnologie di tracking per raccogliere dati sulle interazioni dell’utente con il sito web di un’azienda, comprese le visualizzazioni delle pagine, i clic e le ricerche.
- Monitoraggio dei social media: monitoraggio di mention, like, condivisioni e altre metriche di engagement sulle piattaforme di social media per capire come le persone parlino di un marchio e dei suoi prodotti o servizi.
- Consumo di contenuti: monitoraggio del consumo di contenuti online, come white paper, e-book, webinar e video, per capire quali argomenti interessano alle persone e quali informazioni cercano.
- Indagini e sondaggi: raccolta di dati attraverso interazioni dirette con i clienti, come questionari e sondaggi, per capirne esigenze e preferenze.
- Dati di terze parti: Acquisto da broker specifici o altre fonti di dati demografici o cronologia degli acquisti, per integrare le informazioni raccolte con le altre modalità.
Una volta raccolti, i dati vengono analizzati ed elaborati per identificare modelli e tendenze che possono essere utilizzati per informare le attività di marketing e vendita.
Perché gli intent data sono importanti?
I principali vantaggi tratti dall’uso di intent data sono:
- Miglioramento della personalizzazione: migliorare l’esperienza del cliente fornendo contenuti e offerte su misura in linea con i suoi interessi e obiettivi.
- Miglioramento del targeting: aiutare i marchi a identificare i potenziali clienti che sono sul mercato per un prodotto o un servizio e a indirizzarli con messaggi e offerte pertinenti.
- Aumento dei tassi di conversione: comprendendo le esigenze dei clienti e il loro processo decisionale, le aziende possono creare strategie di marketing e di vendita più efficaci che favoriscono le conversioni.
- Maggiore coinvolgimento dei clienti: fornendogli contenuti e offerte rilevanti e di valore.
- Miglioramento del ROI: le aziende possono migliorare il proprio ROI prendendo decisioni informate sulle attività di marketing e vendita.
L’applicazione degli intent data è in continua evoluzione. Inizialmente erano esaminati per aiutare a identificare gli account che ipoteticamente si trovavano in un ciclo di acquisto attivo, ma ora i professionisti del marketing li stanno rivalutando per identificare il tipo di contenuti da fornire e i messaggi da selezionare. Gli intent data possono essere utilizzati, infatti, non solo per capire quale sia il momento migliore per coinvolgere un buyer o un consumatore, ma anche come rendere tale processo strettamente rilevante e personale per questi ultimi.
Come sfruttare gli intent data per aumentare i ricavi e costruire la reputazione
Gli intent data possono essere utili in tutte le fasi della customer journey, per identificare, ricercare, convertire e fidelizzare i (potenziali) acquirenti, tutti elementi che hanno un impatto positivo sull’andamento del business in termini economici.
In prima istanza, occorre creare un database di potenziali clienti che, attraverso le loro interazioni digitali, hanno mostrato interesse per il marchio o, più probabilmente, per il tipo di soluzione offerta. Seguendo questa modalità, è possibile rivolgersi a un pubblico mirato utilizzando messaggi corrispondenti ai loro obiettivi o in grado di risolvere i loro pain point. Se gli operatori rilevanti del mercato di riferimento vengono identificati per tempo, i team di vendita e di marketing hanno l’opportunità di approcciarli con una comunicazione personalizzata quando sono più aperti alla conoscenza e alla valutazione. Gli intent data possono anche essere utilizzati per migliorare le attività di ABM (account-based marketing), portando più lead di qualità. Come riporta un report di Demand Gen sull’argomento, il 76% dei professionisti del marketing ha visto un ROI più alto grazie all’implementazione dell’ABM nella propria strategia rispetto a qualsiasi altra.
Oltre ai nuovi clienti, gli intent data possono basarsi sulle esperienze di quelli già consolidati per identificare in modo proattivo opportunità di cross-selling e upselling.
In conclusione, tenere il passo con il costante e rapido cambiamento delle esigenze dei clienti non è mai stato facile. Tuttavia, sfruttando efficacemente gli intent data a livello B2B, si ha la possibilità di rimanere allineati e di supportare gli acquirenti in tempo reale, anche quando sono ancora in fase di consapevolezza/considerazione. Tuttavia, l’intent data marketing può non solo accelerare il percorso di acquisto degli acquirenti, ma anche garantire che il loro buyer journey sia lineare e privo di ostacoli.