La diffusione sempre più ampia del digitale sta determinando una crescita esponenziale delle minacce alla sicurezza finanziaria. In questo contesto, la lotta contro le frodi non è più solo una questione tecnica: è diventata una leva strategica nel salvaguardare il rapporto di fiducia con i clienti.
Il settore bancario sta vivendo una trasformazione rapida e profonda: pagamenti istantanei, immediatezza dei servizi e digitalizzazione del customer journey – solo per citarne alcuni – stanno ridefinendo gli standard di pari passo con le nuove aspettative dei clienti. Tuttavia, queste novità aprono spiragli anche a nuovi rischi, con le frodi che oggi non sono più marginali, ma diventano sistemiche, multiformi e capaci di colpire indiscriminatamente tutte le generazioni.
Essere una banca di fiducia nell’era digitale
Storicamente, le frodi bancarie erano spesso trattate come un rischio secondario. Ma questo approccio è ormai obsoleto: in uno scenario in cui i clienti esigono servizi rapidi e fluidi, la sicurezza non può più essere percepita come un ostacolo, ma deve diventare un pilastro invisibile della customer experience. Fondamentalmente, una banca rimane innanzitutto una terza parte in cui riporre fiducia. La sua capacità di proteggere i clienti – anche da loro stessi – è perciò essenziale e questo implica anche ripensare strumenti e metodi di rilevazione dei rischi.
Il peso crescente delle frodi “sociali”
Contrariamente a quanto si crede, le frodi più preoccupanti oggi non riguardano solo i mezzi di pagamento. Infatti, le frodi monetiche classiche (carte rubate, coordinate compromesse, ecc.) sono diventate banali, quasi industrializzate. Il vero problema sono le cosiddette frodi “sociali”, basate sull’ingegneria psicologica. Queste frodi sfruttano la fiducia degli individui: falsi consulenti, chiamate fraudolente, manipolazioni telefoniche. Colpiscono sia gli anziani sia i giovani professionisti, compresi profili esperti di tecnologia. La sensazione di essere al sicuro è illusoria, perché basta una semplice interazione telefonica per far cadere un utente nella trappola, nonostante i meccanismi di allerta tradizionali.
L’analisi comportamentale, una risposta all’avanguardia
Di fronte a questi limiti, l’intelligence comportamentale si impone come un progresso decisivo. Infatti, a differenza dei modelli basati solo sui dati transazionali, questa metodologia osserva il modo in cui l’utente interagisce con l’ambiente digitale: velocità di digitazione, ritmo di navigazione, uso del telefono, geolocalizzazione, ecc. Questi segnali deboli, una volta incrociati, consentono di rilevare comportamenti sospetti in anticipo, prima ancora che l’operazione fraudolenta venga eseguita. Ad esempio, un utente collegato da 30 minuti, mentre è al telefono, può destare sospetto, soprattutto se la chiamata non proviene dalla banca stessa.
Il grande vantaggi derivante dall’impiego di queste soluzioni è guadagnare tempo critico, impedire i flussi in uscita, avvisare l’utente o persino sospendere l’operazione senza intervento umano.
Superare i limiti strutturali
Non bisogna però credere che la tecnologia basti da sola. È infatti fondamentale che anche le aziende siano pronte a reagire. Un caso concreto lo dimostra: un allarme scatta alle 19:30 di un giorno feriale, richiedendo un coordinamento d’urgenza tra i team, in un contesto di scarsa presenza umana. Bisogna quindi chiedersi: è meglio automatizzare alcuni blocchi? Oppure garantire una copertura umana continua?
Un’altra grande difficoltà è la lotta contro i prestanome. Si tratta di conti bancari utilizzati per far transitare fondi illeciti, spesso aperti da persone in situazione di precarietà, talvolta giovani, reclutati tramite i social network. Attualmente l’argomento è ancora tabù, ma inevitabile, poiché solleva il tema della condivisione dei dati a livello di sistema bancario: database comuni, monitoraggio condiviso e politiche coordinate.
Verso una risposta collettiva: la cooperazione come imperativo
Oggi nessuna banca può combattere da sola. La sofisticazione degli attacchi impone un approccio sistemico: cooperazione interbancaria, pressione sugli operatori telefonici, armonizzazione delle pratiche e mutualizzazione degli strumenti.
La lotta contro la frode non è statica: è una battaglia in continua evoluzione, che richiede tecnologia, cultura e cooperazione. Ma ciò che conta di più resta la relazione di fiducia tra banca e clienti, perché una cosa è certa: un cliente ben protetto è un cliente fidelizzato. E in un mondo ultra-competitivo, è questo che fa la differenza.
In Hotwire constatiamo ogni giorno quanto i temi legati alla sicurezza siano diventati strategici nella comunicazione degli attori bancari e tecnologici. Rendere questi argomenti comprensibili, visibili e valorizzanti non è più un lusso, ma una necessità. La nostra missione è supportare le aziende innovative nella definizione della propria storia e nella scelta dei messaggi, nelle relazioni con i media e nelle attività che possono influenzare il pubblico di riferimento, con l’obiettivo ultimo di trasformare la complessità tecnologica in una leva di fiducia.
Articolo scritto da Flore Dutronc